Siamo sicuri di essere sicuri?
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Edited by Eric Filippini

Da quando siamo bambini, appena inizia un nuovo anno un po' tutti abbiamo l’abitudine, a volte vissuta con entusiasmo a volte più forzata, di fare un punto della situazione sull’anno passato e una lista di buoni propositi sul quello che sta per iniziare. È finito un 2021 che tutti ricorderemo, spero anche per l’Italia agli europei e alle olimpiadi (non me ne vogliano i colleghi in FERALPI STAHL!), che non solo per il Covid che ha imperversato e continua a farlo mentre scrivo.

Inizia il 2022.

Mai come quest’anno trovandomi a sfogliare, ormai on line, i principali quotidiani nei primi giorni del nuovo anno, mi sono capitati sotto gli occhi costantemente articoli che parlano di sicurezza sul lavoro.  

O meglio, della mancata sicurezza sul lavoro.

Da dove sbuca improvvisamente tutto questo interesse? Da un risveglio della politica? Da novità dal mondo dell’industria? Da strabilianti nuove tecnologie nate nelle ultime settimane? Dagli esiti di convegni di tecnici della prevenzione e della sicurezza?

No.

Fosse così, sarebbe potuto succedere ad ogni nuovo anno, da molti a questa parte.

L’incipit di cotanta attenzione mediatica, questa volta, è molto più sorprendente ed efficace. Il tema della sicurezza sul lavoro è stato portato all’attenzione da Papa Francesco. E nemmeno in una domenica qualsiasi, bensì nell’omelia della Santa Messa di Natale.

 

 

Dio stanotte viene a colmare di dignità la durezza del lavoro. Ci ricorda quanto è importante dare dignità all’uomo con il lavoro, ma anche dare dignità al lavoro dell’uomo, perché l’uomo è signore e non schiavo del lavoro. Nel giorno della Vita ripetiamo: basta morti sul lavoro! E impegniamoci per questo.

 

Un endorsement importante. Che necessita di doverosa riflessione.

Anche perché il Pontefice tira fuori anche la parola “morte”. La durezza di questi argomenti suonano come un allarme sul telefono alle 6 di mattina dopo una serata troppo allungata. Ci servono per decidere di fare un bel punto della situazione sul passato, e metterci a testa bassa nel lavorare a tradurre in azioni i buoni propositi per l’anno nuovo.

Del resto i dati di Eurostat evidenziano che gli incidenti sul lavoro in Europa sono ancora troppo alti.

Nel 2020, secondo l’istituto europeo, sono stati denunciati e registrati oltre 4,6 milioni di infortuni legati all’attività lavorativa. Il dato, letto in termini assoluti, dice gli incidenti sono aumentati, e non poco. Nel 2014 la Commissione europea denunciava poco più di tre milioni di infortuni. Germania ed Italia sono tra i Paesi meno virtuosi. Al primo posto di una classifica in cui nessuno vorrebbe stare, c’è la Francia con 1,2 milioni di infortuni, seguita proprio dalla Germania (771.134 infortuni), dalla Spagna (454.992) e dall’Italia (333.345). Degli infortuni sul lavoro registrati invece nel 2020, più del 50% (2,7 milioni) si concentrano proprio in questi quattro Paesi, che sono anche tra i Paesi in cui l’attività manifatturiera ha un ruolo rilevante.

È evidente che le imprese giocano, insieme alle istituzioni, un ruolo determinante in termini di prevenzione.

Ma cosa significa oggi agire sulle leve della sicurezza dentro uno stabilimento industriale? Quali sono le frontiere tecnologiche, organizzative e culturali che si devono raggiungere?

Bella domanda.

Non c’è una ricetta che mixi le dosi di leve tecnologiche e organizzative dando come risultato un primo piatto buono in tutti i contesti. È necessario un serio processo di analisi del contesto in cui opera ciascuna azienda, per individuare nei singoli contesti tecnologici e nelle dinamiche organizzative il giusto equilibrio nelle priorità di miglioramento, perché ovunque il numero di infortuni non sia ZERO, il margine di miglioramento va necessariamente individuato.

È chiaro che dal punto di vista tecnologico è relativamente facile, per quanto possa apparire inizialmente oneroso, affidarsi alle migliori tecnologie disponibili sin dalla fase di progettazione di ogni nuovo impianto o intervento di revamping, coinvolgendo sin dall’esordio di ogni iniziativa gli esperti di sicurezza insieme a quelli di produzione e manutenzione in un brainstorming attivo e mirato alla definizione di caratteristiche e regole che agevolino le operazioni svolte in modo esclusivamente sicuro.

Meno lampante, al contrario, è l’individuazione delle modalità per agire sulle altre leve, organizzative e culturali. Che oggi sono la vera sfida, perché si traducono in quella che, nei processi di analisi degli incidenti, risulta oggi essere la prima voce fra le cause degli infortuni ancora presenti: i comportamenti insicuri.

Comportamenti insicuri

Tutte le aziende dal management lungimirante hanno da tempo capito che una gestione proattiva degli investimenti tecnologici nei confronti della sicurezza porta esclusivamente benefici nel lungo periodo, anche economici.  

Senza mai distogliere lo sguardo dal dare continuità a tale processo di rinnovamento, la sfida si sposta ora sull’accompagnare tutte le persone, interne ed esterne, che ruotano intorno ai processi produttivi e manutentivi, ad un cambiamento culturale che possa consentire di massimizzare i risultati degli sforzi economici già dedicati alla sicurezza, arrivando ad annullare il fenomeno infortunistico grazie all’eliminazione di tutti i comportamenti insicuri.

È in questa direzione che rivolgeremo gli sforzi principalmente nel 2022 e nei prossimi anni: puntare sulla testa e sul cuore dei “nostri” uomini e donne, perché testa e cuore lavorino insieme ogni secondo della nostra giornata, durante ciascuno dei ventottomilaottocento secondi passati sul lavoro, per non far compiere al nostro corpo alcun gesto che ci possa fare male.

Eric Filippini

 

Ho iniziato il nuovo millennio in Feralpi, e dal 2013 sono Responsabile del Servizio Prevenzione Protezione e Ambiente. Anche se ho una grande passione per l’italiano, considero un bel regalo del 2022 l’acronimo inglese di “HSE Manager”, che finalmente è corto il giusto e spiega lo stesso che mi stanno a cuore le persone e l’ambiente, qui e fuori! Amo visceralmente la Famiglia e ringrazio Giulia e Paola che mi fanno passare in un asilo 5 minuti ogni mattina e in un gran bel casino due ore ogni sera. Amo lo sport che facevo e che farei, i viaggi che ho già fotografato e le strade da percorrere, piegarmi su due ruote d’estate e su due sci d’inverno, correre in salita e correre in discesa, curare una vigna e bere vino invecchiato. E poi la cucina... se è già cucinata meglio!